Il nodo di stile
Chi avrebbe mai detto che un
semplice fazzoletto legato al collo, nato in mezzo al fango dei campi di
battaglia, potesse diventare uno dei simboli più universali di eleganza e di entità
personale.
La cravatta: oggi considerata
accessorio di stile per eccellenza. Ha attraversato secoli di storia,
attraversando guerre, rivoluzioni, salotti aristocratici e passerelle
contemporanee, reinventandosi ad ogni nodo.
La sua origine affonda le radici
nel XVII secolo, durante la Guerra dei Trent’anni. I mercenari croati al
servizio del re di Francia indossavano al collo un fazzoletto annodato con
praticità e un tocco inaspettato di eleganza. Quel dettaglio attirò lo sguardo
curioso dei parigini, che ne storpiarono il nome da “hrvatska” a “cravate”, trasformandolo
nell'accessorio più chiacchierato dell’epoca.
Luigi XIV, il Re Sole, ne fece un
vero status symbol di corte. Istituì persino la figura del cravattaio,
incaricato ufficiale di realizzare nodi perfetti e teatrali, utilizzando sete,
merletti e tulle. Un gesto quotidiano divenne così parte integrante
dell’apparato cerimoniale di corte.
Fu però Beau Brummell, pseudonimo
di George Bryan Brummell - noto soprattutto come Lord Brummel - emblema del dandysmo inglese dell’Ottocento, a
dare alla cravatta una nuova grammatica dello stile: nodi geometricamente
impeccabili, tessuti sobri, eleganza nella misura. Si racconta, che ogni
mattina, passasse ore a trovare la piega
perfetta: un atto tanto estetico quanto rituale.
Nel 1926 il sarto statunitense
Jesse Langsdorf brevettò il taglio in sbieco, rivoluzionando la produzione
della cravatta moderna. Grazie a questo taglio diagonale del tessuto,
l’accessorio diventò più flessibile, resistente e stabile. Finalmente elegante
e funzionale, la cravatta divenne irrinunciabile nell’abbigliamento formale e
imprenditoriale.
Nel mondo di oggi, il cosiddetto “power
tie” è una dichiarazione visiva: rossa per comunicare autorità, blu navy per
trasmettere affidabilità. Ma molte cravatte sono soprattutto cravatte creative,
psichedeliche, ironiche, adottate sia dai creativi quanto dai manager, che le
usano come tratto distintivo.
In altro must sono quelle
regimental, nate nel 1880 a Londra, in ambito scolastico e militare, per poi
diffondersi nei club sportivi. Nella versione originale l’andamento delle righe
è da sinistra verso destra, per richiamarne le origini militari, dal cuore alla
spada.
I colori e i tessuti il tessuto
non sono i soli elementi da tenere in considerazione. Anche la lunghezza gioca
un ruolo fondamentale per garantire una vestibilità armoniosa. Il formato
standard si aggira attorno ai 150 cm, ma esistono versioni “XL” che possono
raggiungere i 165 cm, pensate appositamente per uomini alti (190 cm o più),
così da assicurare che, una volta annodata, la cravatta sfiori l’altezza
corretta: poco sopra la cintura. Anche il tipo di nodo influisce sulla
lunghezza da impiegare: nodi complessi come il windsor e il mezzo windsor richiedono
più tessuto rispetto al semplice, o al piccolo.
Oltre alla lunghezza, larghezza e
spessore contribuiscono a definire il carattere dell’accessorio. Una cravatta
più ampia e consistente, a parità di materiale, regala un impatto visivo più
deciso e autorevole, perfetto per contesti formali o outfit in cui si desidera
sottolineare personalità e presenza.
Sul piano estetico, la cravatta
assolve anche a una funzione strategica: coprire la fila centrale di bottoni
della camicia, soprattutto, introduce una nota di contrasto nel colore, o nel
motivo, che dona dinamismo e coerenza all’insieme dell’abbigliamento, accessori
inclusi. In poche parole: non è solo un dettaglio. È ciò che tiene insieme
l’intero look con un tocco di maestria..
Dal 2003, il 18 ottobre è
diventata la Giornata Internazionale della Cravatta, celebrata in tutto il
mondo: da Zagabria a Tokyo, da Sydney a Dublino, dove appassionati, sarti e
stilisti si danno appuntamento per onorare la sua storia, annodare nuove idee,
e ricordare che la cravatta è molto più di un accessorio. È un gesto, una
scelta, un messaggio silenzioso.
In un’epoca dominata dal casual e
dalla fretta, la cravatta resiste. Non per nostalgia, ma perché sa raccontare
chi siamo senza parlare. È disciplina e creatività, tradizione e ribellione,
sobrietà e gioco.
Michele Fiaschi
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