Il rasoio di sicurezza: eleganza, precisione e un'eredità che taglia il tempo
C’è qualcosa di
straordinariamente elegante, persino meditativo, nel gesto lento e consapevole
della rasatura con un rasoio di sicurezza. In un tempo dove tutto è smart,
veloce e usa e getta, lui resta lì: discreto, solido, affidabile. Per molti può
sembrare desueto, per me è insostituibile. Il rasoio con lamette resta il mio
preferito — nonostante l’ombra della modernità lo abbia parzialmente eclissato
— perché continua a unire efficacia e fascino come pochi altri strumenti.
Prima della sua invenzione,
l’uomo si affidava al rasoio a mano libera, un attrezzo affilato quanto
insidioso. Bastava un attimo di distrazione per lasciarci un segno indelebile
sul volto. Ma tutto cambiò nel XVIII secolo grazie al coltellinaio francese Jean-Jacques
Perret. Ispirandosi alle pialle usate dai falegnami, Perret ideò una lama
racchiusa da una protezione, capace di scivolare sulla pelle riducendo i
rischi.
Nel corso del XIX secolo, a
Sheffield , terra d’acciaio e lame, iniziarono a prodursi i primi modelli. Ma fu
solo alla fine del 1800 che comparve la forma che ancora oggi riconosciamo:
quel design a T tanto semplice quanto rivoluzionario. Il vero salto si ebbe
però all’inizio del Novecento, quando King Camp Gillette rese le lamette usa e
getta: economiche, facili da sostituire e pensate per un pubblico ampio.
Durante la Prima Guerra Mondiale, milioni di soldati americani ricevettero
rasoi Gillette insieme alle maschere antigas: era nato un nuovo standard.
Con il tempo, la concorrenza si
fece agguerrita. Finito il monopolio Gillette, altre aziende si lanciarono
nella produzione di rasoi e lamette compatibili o proprietarie. Tra brevetti e
strategie, la cosiddetta “guerra delle lamette” portò a una standardizzazione
che ancora oggi ci consente di scegliere tra un ventaglio di produttori:
Feather, Astra, Wilkinson, Merkur e la famosa
Lama Bolzano.
Negli anni ’60, Wilkinson
introdusse le lamette in acciaio inox: addio ruggine, benvenuta durata. E così,
mentre il mondo correva verso la praticità, il rasoio di sicurezza rimaneva
l’alternativa più solida, apprezzata dai puristi.
Poi vennero i rasoi multilama,
con testine incernierate e strisce lubrificanti, e i rasoi completamente usa e
getta. Più veloci, certo, ma anche più impersonali. Mancava quel contatto
diretto, quella ritualità del montare la lametta, dell’angolo perfetto, della
rifinitura millimetrica.
I modelli di rasoi di sicurezza
oggi si dividono in tre grandi famiglie: i tre pezzi, facili da pulire e
comporre; i due pezzi, più compatti; e gli apertura a farfalla, dove una ghiera
apre la testina come le ali di una libellula. Alcuni sono regolabili, come il
leggendario Gillette Fatboy, capace di adattarsi alla pelle e al tipo di barba.
I rasoi "open comb" affondano con decisione, ideali per barbe folte o lunghe;
quelli "closed comb", più gentili, sono perfetti per la rasatura quotidiana.
A conti fatti, il rasoio di
sicurezza non è solo uno strumento. È un rito personale, un gesto che affonda
le radici nella tradizione e nel tempo, ma che oggi più che mai acquista un
significato nuovo e urgente. Stringendolo tra le dita, non compio solo un’azione
quotidiana: partecipo a una storia fatta di progresso, design e tecnica. Ma
anche — e soprattutto — di consapevolezza.
La sua bellezza funzionale va
oltre l’estetica vintage che affascina. Risiede nella precisione del taglio,
nella ritualità lenta, nel rispetto per se stessi. Ma oggi diventa anche un
atto ecologico, silenzioso e potente. In un’epoca dominata dal consumo impulsivo,
dalle plastiche monouso e dalla logica dell’usa e getta, scegliere il rasoio di
sicurezza significa dire no agli sprechi e abbracciare la durabilità.
Una testina di metallo, un manico
che sfida il tempo, una lametta che si smaltisce con facilità: nulla di
superfluo, tutto di valore. Rispetto ai rasoi usa e getta, che spesso finiscono
rapidamente tra i rifiuti, il rasoio di sicurezza si ripete, si rinnova, ma non
si consuma. È amico dell’ambiente, discreto ma deciso.
È uno strumento, che taglia sì la
barba, ma soprattutto taglia fuori l’eccesso. Che restituisce spazio al gesto,
al pensiero, alla responsabilità. Una scelta che parla di tradizione, di stile,
di intelligenza sostenibile, che proprio
per questo non passa mai di moda.
Michele Fiaschi
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